Centro di Interpretazione del Paesaggio del Po

di Palazzo Mossi di Frassineto Po (AL), Museo diffuso del Monferrato.

Non solo un percorso espositivo, ma un vero e proprio viaggio nel tempo, che consente di rivivere, con il supporto di strumenti di analisi e di inquadramento storico, l’evoluzione del fiume nei secoli, e con esso il cammino delle popolazioni che hanno sempre vissuto sul territorio.

Il Centro di interpretazione del paesaggio del Po, inaugurato lo scorso novembre 2007 a Palazzo Mossi di Frassineto (Alessandria), è il nucleo costitutivo del Museo Diffuso, progetto nato da uno studio per la lettura territoriale dell’evoluzione storica del paesaggio della fascia del Po nel tratto vercellese e alessandrino commissionato dal Parco del Po al professor Pier Luigi Dall’Aglio, dell’Università di Bologna. “Il Museo Diffuso – sottolinea Dario Zocco, Direttore del Parco – prevede una integrazione tra il Centro di Palazzo Mossi e una serie significativa di punti di lettura del paesaggio sul territorio, che saranno avviati e valorizzati progressivamente, a costituire una rete interconnessa all’interno dell’area di competenza del Parco”. Il Centro di interpretazione del Paesaggio del Po di Palazzo Mossi nasce da una consolidata collaborazione tra il Parco del Po e il Comune di Frassineto Po, “che ha portato quest’ultimo – spiega Ettore Broveglio, Presidente del Parco – a ristrutturare una parte di Palazzo Mossi, e il Parco ad avviare un ambizioso percorso di conoscenza del territorio. Con il contributo importante, via via, di altri Comuni, Associazioni e privati cittadini, che hanno messo a disposizione notizie, fotografie, memorie e passioni.

Un’équipe di studiosi in diverse discipline, sotto la guida del Professor Dall’Aglio, ha permesso di ricostruire i cambiamenti del territorio della fascia fluviale del Po, a grandi linee compreso tra le confluenze con la Dora Baltea e col Tanaro, passando per quella con la Sesia”.

Il risultato è un interessante percorso di interpretazione del paesaggio del fiume, che si dipana nelle sale del Centro e nei percorsi esterni, come risultato tangibile di una prima tranche di allestimento.

 

La guida di Bodinco

Bodinco, un omino che porta l’antico nome del fiume Po, nato dalla creatività di Lorenzo Dotti e Amalita Isaia (dello Studio Alcedo di Moncalieri, che ha progettato e curato tutto l’allestimento del Centro) è la simpatica guida virtuale che accoglie i visitatori, e li conduce attraverso una serie di stanze, collocate su due piani di Palazzo Mossi, all’interno delle quali sono stati ricreati passaggi ed epoche simboliche dell’evoluzione del fiume e dell’habitat umano che lo circonda.

Non trattandosi di un museo in senso proprio, con un patrimonio di collezioni da conservare e mostrare, si è preferito organizzare lo spazio espositivo come una serie di “sale di lettura” del paesaggio, facendo ampio ricorso a grafica e immagini con possibilità di sperimentazioni sensoriali, che saranno ulteriormente potenziate in futuro con videoproiezioni.

Fedeli alla convinzione che il visitatore non debba essere necessariamente costretto a seguire un percorso predeterminato (il cosiddetto “senso della visita”) non si è realizzata una segnaletica se non dove strettamente necessario.

La comunicazione testuale è stata risolta con una banda continua sulle pareti, dell’altezza di cm 100 a partire da cm 70 dal suolo, dai colori scelti nella gamma cromatica predetta e abbondantemente arricchiti di grafica, fotografie e disegni.

Per tutta la lunghezza della banda una striscia di 20 cm, in cui compare appunto Bodinco – guida e mascotte del viaggio – su diversi mezzi di locomozione, è caratterizzata da illustrazioni a fumetti, che riprendono alcuni temi trattati con un linguaggio espressamente dedicato ai bambini.

E le scolaresche, in effetti, saranno certamente uno dei target privilegiati.

 

L’apertura al territorio

Tra le linee guida espresse dal Comitato scientifico è compresa l’indicazione di collocare il Centro di Frassineto all’interno di una rete di emergenze naturalistiche, storiche e culturali, in un interscambio di informazioni e rimandi diffusi sul territorio circostante; gli strumenti per comprendere il paesaggio quindi sono studiati in modo da non restare chiusi dentro le sale di Palazzo Mossi ma da stimolare nei visitatori, una volta usciti dal Centro, il desiderio di esplorare il territorio e visitare i punti della rete diffusa indicati nel Centro.

Allo scopo si è deciso di fornire i visitatori di una cartina del territorio su cui sono indicati i 50 punti identificati come di particolare valore.

Nelle località indicate saranno via via allestiti dei pannelli di lettura” che svi-facciano riferimento al Centro di Frassineto Po, o con strutture più articolate.

 

Il ruolo del Parco

Nello “spazio 8”, il percorso entra nel vivo del Parco Fluviale del Po e dell’Orba e nell’ambiente che il parco ha il compito di tutelare e valorizzare.

Attualmente lo spazio è chiuso dal “teatrino delle nitticore” una composizione di tronchi spiaggiati e modelli di cartone dipinto raffigurante diversi animali in vari atteggiamenti; tra breve i modelli saranno sostituiti da quelli realizzati in materiali riciclati dagli artigiani del Parco “W” del Niger, con cui il Parco ha un progetto di collaborazione.

Gli altri mezzi espositivi prescelti sviluppano il tema della biodiversità e quello dei “segni” leggibili sul paesaggio ad occhio nudo, la cui interpretazione serve ad una migliore comprensione del paesaggio stesso: su una scenografia dipinta raffigurante un ambiente fluviale trova posto la striscia continua di testi e grafica; come un prolungamento della scenografia, il fiume “esonda” perpendicolarmente a formare un’isola.

Si tratta di un elemento espositivo su cui troveranno posto immagini, elementi tattili, testi che aiutano il visitatore a decodificare e riconoscere i segni.

Il tema della biodiversità è affrontato proponendone un’originale chiave di lettura: la biodiversità è una ricchezza da preservare non solo nell’ambiente naturale ma anche nella qualità e varietà del cibo che mangiamo, che in ultima analisi significa ugualmente preservare il territorio dallo strapotere delle monocolture intensive.

La fragilità della biodiversità è suggerita anche dal diorama “Fontanetto Po – la palude di San Genuario” in cui è raffigurato l’ambiente del canneto e i suoi abitanti, in maggioranza specie rare e minacciate.

 

Alcune proposte di utilizzo del Centro

 

Nel corso dei mesi che lo Studio Alcedo ha dedicato alla progettazione e all’allestimento di Palazzo Mossi sono emersi via via nuovi e appassionanti spunti, direttamente dalla storia del territorio ma anche e soprattutto dalla gente, in particolare gli anziani che hanno conservato la memoria del fiume.

Una delle grandi opportunità che Il Centro offre è la possibilità di ridare voce al fiume dimenticato attraverso la sua gente, ma anche attraverso la vita animale e vegetale che ancora scorre dentro e fuori le sue acque.

Non solo l’uomo e le sue attività infatti sono al centro del territorio e del paesaggio, ma anche una quantità di presenze non meno importanti, dagli uccelli alla microfauna delle acque alle piante.

Il Centro è fatto, seppure parzialmente: adesso deve vivere, condizione imprescindibile perché possa svolgere il suo ruolo di comunicazione e di stimolo.

Ci vengono in mente una quantità di iniziative che mantengano desta l’attenzione su Palazzo Mossi e che sollecitino la curiosità.

A cominciare dal coinvolgimento degli abitanti di Frassineto Po, che se opportunamente stimolati possono trovare l’ambito per testimoniare le proprie conoscenze e i propri ricordi: non si tratta di fare un “ecomuseo” ma di raccogliere voci e testimonianze dirette sul cambiamento di un territorio e quindi di un paesaggio che andrebbero perdute.

Pensiamo alla possibilità di produrre un filmato fatto di interviste, di costituire una banca dati di immagini e fotografie che sicuramente molti custodiscono e che forse sarebbero disposti a condividere.

Un altro modo di far vivere Palazzo Mossi è di aprirlo come spazio espositivo permanente, utilizzando gli spazi che in futuro verranno lasciati liberi dal Villaggio del Libro.

Abbiamo pensato ad una esposizione di opere di artisti “animalier” e pittori naturalisti che siano invitati a soggiornare alcuni giorni presso le strutture del Parco e che producano in loco le loro opere, sull’esempio di un’analoga iniziativa che si fa nel Parco nazionale dei Pirenei in Spagna.

Non ci è sfuggito il grande significato sociale della vita in risaia. Varrebbe la pena di mantenerne la memoria con un convegno che coinvolga le Università su questi temi, compreso ad esempio il tema della Resistenza su cui il Parco è già intervenuto con i pannelli.

Anche il rapporto con il Villaggio del Libro secondo noi va “sfruttato” per proporre presentazioni di lavori, ma anche momenti dedicati ai bambini, come ad esempio dei laboratori teatrali elaborando dei temi affrontati nel Centro e favoriti dall’attività delle guide.

Proponiamo anche la realizzazione di un libretto tutto a fumetti, utilizzando il materiale già presente, e magari proponendo ai bambini di Frassineto di integrarlo con disegni loro.

 

Centro di interpretazione del Paesaggio del Po: i contributi:

 

Il Centro è nato grazie a diversi contributi, di diversa natura.

– Fondamentale è stata l’idea di studiare l’evoluzione del territorio con diversi approcci: storico-archeologico, ovviamente, ma anche geologico, urbanistico-architettonico, floro-faunistico, proposta dal prof. Pier Luigi Dall’Aglio.

– L’Interreg MEDOCC BLUe (Building river Landscape across United Europe), a cui ha preso parte la Regione Piemonte insieme alla Lombardia capofila per l’Italia, e due regioni rispettivamente in Portogallo e Grecia, ha apportato un contributo economico di 76.000 Euro.

– La Legge 135 del 2001 col progetto interregionale “Valorizzazione turistica del fiume Po” ha concorso alla realizzazione dell’allestimento con 22.000 Euro.

Si è potuto così dare corpo all’idea che nel frattempo andava trovando anche una casa…

– Il comune di Frassineto Po stava infatti completando il restauro di una porzione di Palazzo Mossi, un bell’edificio di importanza storico-architettonica nel centro del paese. Da tempo erano iniziati i ragionamenti tra l’Ente-Parco ed il Comune, che espresse il desiderio di avere una sede del Parco nel suo territorio, a rafforzare un legame d’intenti e progetti condivisi.

– Così è nato il Centro, progettato e realizzato dallo Studio Alcedo, con contributi, questa volta in termini di dati, fonti iconografiche, materiali d’archivio, provenienti in primis dal Comitato scientifico, ma anche dai dipendenti e dagli amministratori dei Comuni, da storici locali, insegnanti, abitanti del territorio di cui si è offerta la proposta di lettura.

Alcune persone si sono dimostrate veramente interessate agli argomenti, liete di mostrare quanta ricchezza di informazioni e testimonianze vive ci sono, a solo cercarle.

Anche per questo quanto realizzato finora è solo il primo lotto. Non solo perché il progetto approvato prevede un lotto di completamento, ma anche perché altri siti, altre storie, altri paesaggi chiedono di essere notati.

 

Maria Teresa Bergoglio

Responsabile del Settore Edilizio e Urbanistico del Parco

 

Il paesaggio e la sua rappresentazione

L’esperimento di Palazzo Mossi è andare oltre il Museo: verso un centro di interpretazione che il visitatore può percorrere e attraversare in maniera consapevole, alla ricerca dell’evoluzione del rapporto tra uomo e ambiente nei secoli

 

Quando pensiamo ad un museo pensiamo inevitabilmente a delle stanze con tante vetrine dove sono riposti degli oggetti più o meno integri e polverosi, con pannelli appesi alle pareti, magari riempiti da testi lunghissimi e di solito poco comprensibili e dove ci si aggira dapprima con entusiasmo e interesse e poi cercando sempre più disperatamente di seguire le frecce che ci conducono all’uscita. Ci sono però anche altri musei, pochi in verità, dove il visitatore non si stanca, ma anzi il suo interesse è tenuto costantemente vivo da un modo diverso, più moderno e affascinante, di illustrare oggetti e contenuti.

In ogni modo all’idea di museo si associa sempre quella di un luogo in cui esporre degli oggetti. È forse per questo che il “museo” inaugurato il 18 novembre a Frassineto Po, a Palazzo Mossi, non è stato chiamato “museo”, ma “centro di interpretazione”. Nelle sue sale, infatti, ci sono sì degli oggetti, ma non sono questi l’argomento centrale dell’esposizione, sono solo degli strumenti per un racconto diverso, un racconto che riguarda una cosa che a prima vista sembra riguardare un concetto astratto, ma che invece è molto più concreto di qualsiasi reperto: il paesaggio. Proprio la concretezza che ha il paesaggio avrebbe però dovuto farci essere meno timorosi e portarci ad usare il termine “museo”. Questa parola, infatti, indica, secondo i dizionari etimologici, un “luogo sacro alle muse” e dunque alla cultura e alla conoscenza e il paesaggio, essendo il risultato della continua interrelazione tra l’uomo e l’ambiente, è di per sé cultura ed è la cultura, la “civiltà” di quella determinata comunità.

 

Un approccio multidisciplinare

La conoscenza del paesaggio e dei suoi meccanismi passa inevitabilmente attraverso uno studio multidisciplinare, che scomponga e analizzi i singoli elementi che entrano in campo, ne riconosca le interazioni per arrivare poi a ricomporre il quadro generale e complessivo da cui si è partiti.

È appunto uno studio di questo genere che è stato condotto sulla fascia di pianura a ridosso del Po compresa tra la Dora Baltea e lo Scrivia e sono i risultati di questa lettura pluridisciplinare che si è deciso di trasformare in un racconto per immagini. Ecco dunque emergere con chiarezza alcuni elementi basilari.

In primo luogo lo stretto legame con la geografia fisica che, all’interno di un territorio dominato dalla presenza dell’acqua, fa sì che gli insediamenti più importanti si siano impostati sui ripiani più antichi e, di conseguenza, più alti e dunque meno interessati dalle divagazioni del Po e dei suoi affluenti. Sono i medesimi ripiani su cui per altro si tiene la strada che dall’età romana in poi è l’asse portante del popolamento di tutto questo settore, vale a dire quella che da Pavia va a Torino passando per Lomello e Cozzo correndo a nord del fiume, in modo da evitare qualsiasi interferenza con l’attività dei corsi d’acqua. Il Po e la viabilità portano però a scegliere non solo i ripiani più alti, ma anche quei settori dove per motivi spesso legati alla tettonica la fascia entro la quale il Po si è sempre spostato è più ristretta e dove dunque la maggiore stabilità del fiume rende più facile spostarsi da una riva all’altra. È dunque in questi settori che nascono altri centri che hanno appunto la funzione di controllare l’attraversamento del Po e quindi il collegamento tra la Pavia-Torino e l’altro asse che da Tortona e Voghera punta verso ovest passando a sud delle colline de Monferrato, vale a dire l’antico asse formato da un tratto della Postumia e dalla via Fulvia. È proprio il trovarsi lungo le bretelle nordsud che uniscono le due “bisettrici di valle” in corrispondenza dei punti in cui l’attraversamento del Po è decisamente più facile che porta alla nascita di tutta una serie di centri come Bassignana, Pieve del Cairo o lo stesso Frassineto e col tempo all’emergere tra questi di Casale Monferrato e Valenza, entrambi collocati in due punti nevralgici. Casale infatti si trova là dove le colline a sud del fiume si interrompono per lasciare spazio ad una pianura dove i ripiani più recenti hanno uno sviluppo particolarmente ridotto, così come a nord la pianura pleistocenica si avvicina notevolmente al fiume, che a sua volta è controllato e tenuto fermo da una struttura tettonica.

Anche Valenza si trova in corrispondenza di una di queste strettoie, lungo un Po che, ricevuto il Sesia, ha modificato il proprio alveo descrivendo meandri più ampi, costruendo isole e correndo complessivamente più sinuoso.

 

Il fiume come risorsa e come pericolo

È dunque quello presentato nel “museo/centro di interpretazione” un racconto che abbraccia un lungo arco di tempo, che parte dalla prima comparsa, nel Paleolitico, dell’uomo sull’alto morfologico di Trino, che emergeva dalla pianura ora paludosa ora coperta da una vegetazione tipica delle tundre a seconda dell’avanzare o del ritirarsi dei ghiacciai e che i fiumi avevano formato riempiendo quel golfo dove un tempo nuotava la balena i cui resti fossili sono stati trovati a Pontestura. Un racconto i cui fili narrativi si intrecciano per dare origine ad una trama complessa, che unisce le storie dell’uomo a quelle della terra e che vede la pianura lungo il Po trasformarsi, con il bosco e i rari villaggi pre-protostorici che cedono il campo alle zone coltivate e al fitto tessuto delle fattorie romane, per poi tornare a coprirsi di boschi nel tardoantico.

Con il primo medioevo i boschi vengono abbattuti anche grazie all’opera delle abbazie che, in rapida successione, vengono fondate in questo settore, e poi, più tardi, in questa pianura di nuova coltivata, ecco nascere i vari borghi franchi caratterizzati da quella pianta regolare che il tempo e la continuità di vita non riescono a cancellare. È poi il diffondersi della risicoltura che rivoluziona ancora il paesaggio e che oggi ne è l’elemento base, quello che inevitabilmente finisce per coprire tutti gli altri aspetti, aspetti che però la ricerca condotta ed ora il museo riportano in primo piano.

 

Il museo? È il paesaggio stesso…

Il paesaggio però è un qualcosa che non può essere racchiuso in uno spazio chiuso e ristretto. Dal centro di documentazione si deve dunque uscire, ci si deve muovere dentro al vero museo, cioè dentro al paesaggio stesso. Il centro di documentazione deve dunque collocarsi come il punto di partenza di percorsi nel territorio che consentano di vedere direttamente i diversi elementi che concorrono nella formazione del paesaggio e, attraverso un’opportuna pannellistica, riconoscere le diverse interrelazioni e i reciproci condizionamenti. All’interno di

tali percorsi saranno dunque evidenziati tutta una serie di punti particolarmente significativi sia per i caratteri storici e naturali sia per la presenza di attività tradizionali. È questo, ad esempio, il caso dell’Antico Mulino-Riseria “San Giovanni” a Fontanetto Po, dove è possibile veder funzionante antichi macchinari per la lavorazione del riso ancora mossi dalla forza dell’acqua che scorre nella vicina Roggia Camera, o di Trino, che conserva ancora l’impianto urbanistico dell’antico borgo franco e dove un ricco museo archeologico e la vicina area di San Michele aprono delle finestre sul passato di questa zona, o di Pobietto, la cui struttura ci riporta alle grandi fattorie legate alla risicoltura e ad un passato ancora più lontano, quando Pobietto era una grangia dell’abbazia di Lucedio. La vicinanza con il Po e la totale assenza di coltri alluvionali recenti denunciata dal ritrovamento praticamente in superficie di una ricca necropoli dell’età del Bronzo (XII-X sec. a.C.) ripropongono il rapporto tra le scelte insediative e il fiume e ci mostrano una volta di più di come l’interpretazione storica di un territorio debba necessariamente passare attraverso il riconoscimento delle sue caratteristiche geologiche e morfologiche.

La realizzazione del “centro di interpretazione” di Frassineto è quindi non solo una struttura pensata per la valorizzazione del territorio, ma vuole essere uno strumento per la sua conoscenza e per far riflettere sull’importanza di una sua corretta gestione.

 

Pier Luigi Dall’Aglio

Docente di Archeologia presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università degli Studi di Bologna