Bonifacio III

a cura di AXEL GORIA


Scheda pubblicata in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XII, Roma 1970, pp. 128-131.
La presente scheda è stata inserita grazie alla autorizzazione rilasciata dall’ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA fondata da Giovanni Treccani [Prot. 495/04/DE del 19 novembre 2004] che si ringrazia per la disponibilità.


Terzogenito tra i figli maschi del marchese Gian Giacomo Paleologo e di Giovanna di Savoia, nacque, pare, nel giugno del 1424. Fu per qualche tempo, non sappiamo in quali anni né dove, alla scuola di Antonio Astesano, come questi ricorda nella dedica a B. del quarto libro delle elegie. L’11 dic. 1436, benché non avesse raggiunto ancora l’età di quattordici anni, dovette ratificare i durissimi patti imposti, l’anno precedente, al padre e al fratello primogenito dai parenti sabaudi. Sui vent’anni entrò al servizio del duca di Milano e fece le sue prime prove d’armi sotto la guida del fratello secondogenito Guglielmo, condottiero visconteo, con il quale fu per alcuni mesi a Crevalcore, combattendo in scaramucce contro i Veneziani e i Bolognesi. Quando Guglielmo, nel luglio del 1446, urtatosi con Carlo Gonzaga, altro condottiero visconteo, abbandonò bruscamente il servizio di Filippo Maria Visconti per passare a quello dei Veneziani, il suo esempio fu con ogni probabilità seguito anche da B., che, tuttavia, dovette far ritorno pochi mesi dopo nel Monferrato, dove, alla fine del gennaio del 1447, lo troviamo intento a dirigere i lavori di rafforzamento della cinta muraria di Acqui, Il 23 dic. 1448, conformemente agli accordi stipulati dal fratello Guglielmo con Francesco Sforza, B. occupò militarmente Alessandria e indusse i cittadini a riconoscere come signore Guglielmo; da questo fu nominato governatore in sua vece della città e del contado. B. mantenne il potere durante la prigionia del fratello (maggio 1449-maggio 1450), estendendolo sul villaggio di Bosco, che non aveva voluto sottomettersi prima, e nella seconda metà del maggio del 1450 consegnò Alessandria e le terre del contado a Francesco Sforza, secondo i patti imposti l’8 dello stesso mese dal nuovo duca di Milano al prigioniero Guglielmo per ridargli la libertà. B. appoggiò nuovamente nel 1452 il fratello, quando costui, alleatosi coi Veneziani e col re di Napoli contro lo Sforza, tentò di recuperare le terre perdute nel 1450.

Poco si sa sull’attività di B. nel trentennio, successivo. A quanto afferma Galeotto Del Carretto, storiografo di corte, il duca di Borgogna avrebbe offerto a B. il comando della compagnia di mercenari italiani al suo servizio e la mano della sorella del duca di Gheldria, ma il fratello primogenito, il marchese Giovanni IV (1445-1464), non avrebbe dato il suo consenso; anche Giacomo Piccinino avrebbe – sempre secondo Galeotto Del Carretto – invano richiesto a B. di essergli compagno d’armi nelle sue imprese nell’Italia meridionale. Di certo sappiamo che nel 1467 B. era al soldo del duca di Milano e che prese parte alla breve guerra combattuta, nell’autunno di quell’anno, contro i Savoia dal fratello marchese Guglielmo VIII di Monferrato, appoggiato da Galeazzo Maria Sforza. Fu poi per qualche anno capitano d’armi al soldo della Repubblica di Venezia, con stanza, di solito, nel Friuli. Nell’estate del 1482, essendo suo fratello Guglielmo impedito da una malattia di esercitare il suo ufficio di capitano generale delle truppe sforzesche in una campagna contro i ribelli Pier Maria e Guido Rossi, potenti feudatari del territorio parmense, B. fece le sue veci e costrinse Guido Rossi (il padre era nel frattempo morto) a una temporanea sottomissione.
Morto il marchese Guglielmo il 28 febbraio 1483 senza lasciare eredi maschi, B. gli successe come marchese di Monferrato. Rifiutò l’eredità dei beni allodiali del defunto, troppo gravata da debiti; accettò la tutela della nipote Bianca.

Ormai cinquantanovenne e ancora celibe, B. si preoccupò innanzi tutto d’assicurare la continuazione della dinastia. Per mezzo del consigliere Enrichino Roero, a cui aveva dato regolare procura fin dal 6 marzo, il 31 ag. 1483 contrasse matrimonio in Lione con Elena di Penthièvre, sorella dell’ultima moglie di Guglielmo, ma nell’agosto del 1484 Elena morì di parto prematuro. Dopo avere invano cercato, nella primavera del 1485, di avere in moglie una fanciulla patrizia di Venezia, B. nell’estate successiva, grazie all’interessamento dell’imperatore Federico III, ottenne la mano di Maria, figlia di Stefano Brankovic, ex despota di Serbia, la quale, esule dalla patria occupata dai Turchi, era stata educata alla corte imperiale. La giovane sposa giunse a Casale circa la metà d’ottobre; il matrimonio, celebrato a Innsbruck per procura, venne ratificato da B. il 17 dello stesso mese. Il 10 ag, 1486 nacque nel castello di Pontestura il primogenito, Guglielmo, a cui seguì il 20 genn. 1488 un altro maschio, Gian Giorgio. Il pericolo dell’estinzione della dinastia era dunque per allora scongiurato.

Al momento dell’ascesa di B. al potere era in corso la guerra di Ferrara, in cui il suo predecessore era coinvolto quale alleato del duca di Milano. B., che, secondo l’attestazione di B. Corio, aveva partecipato il 28 febbr. 1483 in luogo del fratello moribondo al convegno tenuto a Cremona dagli aderenti alla lega antiveneziana, era disposto a continuare la politica di Guglielmo, ma desiderava ereditarne il titolo di capitano generale delle armi sforzesche e conservarne lo stipendio. Poiché gli Sforza per l’assegnazione della carica gli preferirono il marchese di Mantova e sembravano lesinare circa la provvisione da dare a B., questi, pur continuando a trattare con Milano, aprì negoziati anche con Venezia. Il timore che le trattative con la Serenissima fossero, come correva voce, prossime a una felice conclusione (checché: sia stato scritto in merito, B. non fu mai propriamente alleato della repubblica adriatica) indusse il duca di Milano, o per meglio dire suo zio Ludovico il Moro, che governava per lui, a offrire al marchese di Monferrato condizioni migliori. L’11 Ott. 1483 nella capitale lombarda fu rinnovata fra B. e il duca di Milano la lega che i rispettivi predecessori avevano stipulato il 25 febbr. 1467. B. fu assunto agli stipendi del duca con la provvisione di 15.000 ducati in tempo di pace, elevabili a 30.000 in tempo di guerra, se lo Sforza avesse voluto servirsi di lui. Lo stesso giorno B. ottenne dal duca l’investitura dei feudi di Cassine, Felizzano e Refrancore, che erano già stati tenuti da Guglielmo. Tuttavia i rapporti fra lui e gli Sforza non furono mai veramente buoni. A controbilanciare la potenza e l’invadenza dei signori di Milano, infatti, B. finì per cercare, forse fin dal 1485 (quando inviò in Francia in missione segreta il giurista Giorgio Natta, uno dei suoi migliori consiglieri), la protezione francese. Ciò non mancò di provocare, ovviamente, frequenti attriti fra Casale e Milano.

Nei riguardi dei Savoia, fallito il tentativo del marchese Guglielmo VIII di fare invalidare dall’imperatore Federico III i patti da quelli estorti al marchese Gian Giacomo nel 1435, B. cercò di ottenere almeno che non fossero riconosciute come spettanti de iure ai Savoia le terre cedute da suo padre. Ne ebbe promessa. Acconsentì il 31 marzo 1485, dopo qualche tergiversazione iniziale, a dare sua nipote Bianca in moglie al duca Carlo I di Savoia, con il diritto alla successione nelle terre monferrine a nord del Po, nel caso ch’egli fosse morto senza eredi diretti. A indurlo a ciò contribuì, probabilmente, lo sdegno provato contro l’altro nipote, Lodovico II marchese di Saluzzo, che, nella speranza di eliminare un pericoloso concorrente alla successione monferrina, il 25 marzo aveva fatto uccidere da sicari nella stessa Casale Scipione di Monferrato, figlio naturale del defunto marchese Giovanni IV. Nella guerra scoppiata nell’autunno del 1486 fra il duca di Savoia e il marchese di Saluzzo, B., pur senza parteciparvi in modo aperto, mostrò, specie all’inizio, una certa preferenza per il primo, al quale pare abbia anche dato aiuto di uomini e di bombarde, attirandosi per questo i minacciosi rimbrotti di Carlo VIII di Francia. Inoltre, col pretesto di proteggerli dai pericoli della guerra, sequestrò nelle Langhe i non pochi feudi che il marchese di Saluzzo riconosceva da lui. A guerra terminata, restituì nel settembre 1490 a Lodovico i territori sequestrati, ma non integralmente, perché trattenne i feudi di Camerana e di Somano.
Ciò determinò una nuova tensione fra B. e il nipote, il quale del resto, oltre alla restituzione dei due borghi, pretendeva il pagamento, mai avvenuto a suo dire, delle doti di sua madre e di sua moglie, rispettivamente sorella e nipote di B., e altro ancora. Istigato certamente da Lodovico di Saluzzo, che gli aveva promesso in moglie la figlia avuta da Giovanna di Monferrato, e con la connivenza, forse, di Ludovico il Moro il 13 giugno 1491 Antonio Maria di San Severino tentò d’impadronirsi con un colpo di mano di Moncalvo: solo la fedeltà degli abitanti conservò a B. l’importante castello. L’arresto, avvenuto forse in territorio sforzesco, e la condanna a morte da parte del governo di Casale di uno dei complici provocarono per ritorsione, da parte del duca di Milano, il sequestro dei feudi di Cassine, Felizzano e Refrancore; soltanto l’energica protesta del re di Francia e l’avvertimento che la loro restituzione era la condizione sine qua non per il rinnovamento della lega fra la Francia e Milano indussero il governo sforzesco a restituire a B., il 13 genn. 1492, i tre feudi. Quanto alle vertenze con Saluzzo, esse furono concluse da un lodo di Carlo VIII di Francia il 29 nov. 1493, dopo che B. e Lodovico, probabilmente per desiderio dello stesso re, avevano già stipulato fra di loro, il 30 settembre, una lega difensiva.
In questi ultimi anni B. era quasi soltanto di nome il sovrano del marchesato; da tempo (non conosciamo la data precisa) egli, vecchio e malandato di salute, costretto spesso a letto dalla podagra, aveva ceduto l’effettivo governo alla giovane ed energica consorte, assistita dallo zio Costantino Arianiti Cominato, che ella fin dal 1486 aveva chiamato a Casale da Roma, dove si trovava. A dimostrare la sua piena fiducia in lei, nell’ultimo testamento, in data 11 maggio 1491, B. la designò unica reggente, dopo la sua morte, durante la minorità dei figli, con pieni poteri e senza obbligo di inventario e di rendiconto.

Personalmente, il vecchio marchese, invece di attendere alle cure del governo, preferiva ora meditare su problemi religiosi; è infatti da supporre che proprio in questi anni di forzata inattività politica egli abbia composto i tre trattati sull’anima, sul battesimo e sulla confessione, che gli sono attribuiti nella cronaca in ottava rima composta nel 1493 dal suo segretario Guglielmo Catanio (o Cattaneo) da Lu. Del resto anche in precedenza B. non si era mostrato persona aliena da interessi culturali, benché non sia possibile parlar di lui come di un principe umanista; seguendo l’esempio del suo predecessore, diede cortese ospitalità a letterati ed artisti, sia pure non di prima grandezza, e Trino ai suoi giorni, come a quelli di Guglielmo, fu un notevole centro tipografico.
Come si era preoccupato della continuazione della dinastia, così B. ebbe cura che fosse tramandata degna memoria delle imprese dei marchesi di Monferrato, dell’una e dell’altra stirpe, e ne diede incarico ufficiale al giovane cortigiano Galeotto Del Carretto, che, purtroppo, se aveva doti di non disprezzabile versificatore, non aveva certo mente di storiografo.

B. mori di polmonite ai primi di marzo del 1494: il 4, secondo una fonte a noi non pervenuta, ma citata dall’Irico, il 6, a quanto afferma il Del Carretto. Non è accettabile la data del 31 gennaio, indicata da Benvenuto di San Giorgio nella cronaca in latino, giacché, da una lettera scritta in suo nome, B. risulta ancora vivente il 18 febbr. 1494. Come il padre e i fratelli fu sepolto nella chiesa di S. Francesco di Casale.

B. non fu principe grande, ma neppure del tutto mediocre. Salito al potere in età avanzata, dimostrò buone doti diplomatiche e saggezza; non poteva fare altro, nelle circostanze in cui si trovò a regnare. Promosse, a quanto pare, il rinnovamento dell’agricoltura e, preoccupato per la difesa dello Stato, si diede da fare per procurare alle sue milizie buone artiglierie.


FONTI E BIBL.: La fonte narrativa sincrona, o quasi, più ricca di notizie è il Ragionamento familiare dell’origine, tempi e postumi degl’illustrissimi Principi e Marchesi di Monferrato, scritto da Benvenuto di San Giorgio al principio del sec. XVI, edito a Casale Monferrato nel 1639, riedito dal Muratori, in Rer. Italic. Script., XXIII, Mediolani 1733, coll. 245-762 (cfr. su B. coll. 724, 749-762), e poi a Torino, a cura di G. Vernazza, nel 1780. Purtroppo, la cronaca è interrotta al settembre 1490. Un compendio in latino, che giunge fin dopo il 1500, fu edito ad Asti nel 1519 e riedito, a cura di G. Avogadro, per l’ultima volta, in Monum. hist. patr., Scriptores, III, Augustae Taurinorurn 1848, coll. 1305-1350 (cfr. coll. 1345, 1347-49). Adulatorie, ma povere di dati precisi, sono le due cronache di G. Del Carretto, che sono state edite, quella in prosa, a cura di G. Avogadro, ibid., coll. 1081-1300 (cfr. coll. 1081, 1231, 1234, 1236-1242), quella in ottava rima, a cura di G. Giorcelli, in Rivista di storia, arte ed archeologia della provincia di Alessandria, VII (1898), n. 22, pp. 11-92 (su B., pp. 86s., 89-92). Ancor più adulatoria è la cronaca di G. Catanio, di cui si conserva copia moderna nella Bibl. Reale di Torino, ms. St. P. 754. Qualche notizia si può trovare nella cronaca di G. Chiabrera, o Zabrera, medico di B., edita da G. B. Moriondo in Monumenta Aquensia, II, Taurini 1790, coll. 256-284 (cfr. coll. 260 s., 266 s., 269-275), e in una cronachetta quattrocentesca inedita, che è conservata in copia nell’Archivio di Stato di Torino, Monferrato Ducato, m. XXV, n. 2, cc. 105-112. Cenni si possono anche trovare in Fra’ Iacobo Filippo [Foresti] da Bergamo, Cronica de tuto el mondo vulgare, Venezia 1491, cc. 207v, 294v; B. Corio, Patria Historia, Mediolani 1503, cc. 329r, 331r, 333v; G. Schiavina, Ann. Alexandrini, a cura di F. Ponziglione, in Monum. Hist, Patr., Script., IV, Augustae Taurinorum 1863, coll. 437 s., 471, 475; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae, Mediolanensium ducis, commentarii, in Rerum Italic. Scriptores, 2 ediz., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, p. 295; Anonimo, Cronica gestorum in Partibus Lombardiae et reliquis Italiae (aa. 1476-1482), ibid., XXII, 3, a cura di G. Bonazzi. pp. 113-115, 117. Atti o regesti, concernenti B. sono, oltre che nell’op. cit. del Moriondo, I, Taurini 1789, coll. 402, 422, 522, in G. B. Irico, Rerum Patriae libri III, Mediolani 1745, pp. 220-222, 227-229; G. Minoglio, Moncalvo. Brevi cenni storici, Torino 1877, pp. 119s.; F. Gasparolo, Monumenta Alexandrina, Alessandria 1904, pp. 8, 44s., 79, 100, 137. 218s. 221-223, 318. Molto più numerose sono le carte, di vario genere, ancora inedite, conservate negli Archivi di Stato di Milano e di Torino e in altri ancora.
Non esiste nessuna monografia su B.; ne parlano, Più o meno ampiamente, oltre all’Irico, pp. 203, 205s., 220-232, 270, D. Muletti, Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla città ed ai marchesi di Saluzzo, a cura di C. Muletti, V, Saluzzo, 1831, pp. 152, 267, 272-278, 292. 312, 320s.; V. De Conti, Notizie storiche di Casale e del Monferrato, IV, Casale 1839, pp. 196-198, 273-293, 309-312, 408, 426s.; H. F. Delaborde, L’expédition de Charles VIII en Italie, Paris 1888, pp. 223, 225, 227-229; L. Usseglio, Bianca di Monferrato duchessa di Savoia, Torino 1892, pp. 1-19, 64, 66, 70, 74, 158; F. Gabotto, Lo Stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Filiberto, II, Torino 1993, pp. 301, 320s., 323-325, 333, 350, 362, 389, 431s., 444, 447, 472-475, 505; III, ibid. 1895, pp. 216s.; F. Cognasso, La questione dei Monferrato prima del lodo di Carlo V, in Annali dell’Istituto superiore di magistero del Piemonte, III (1929), pp. 343-374 (cfr. in particolare le pp. 367-373); Id., Amedeo VIII, Torino 1930. P. 57; G. Vinay, L’umanesimo subalpino nel secolo XV, Torino 1935, pp. 124 s. 143, 147 s., 150 s.