Oddone I

a cura di GIANCARLO PATRUCCO

Alla morte del padre Aleramo (vedi scheda corrispondente), il patrimonio viene diviso all’uso salico tra i figli maschi. Ad Anselmo tocca la parte meridionale della marca, quella che guarda il mare ed ha come epicentro Savona; a Oddone tocca la parte settentrionale, quella da cui prenderà vita il marchesato di Monferrato.

Sui nomi dei due fratelli si sono fatte molte ipotesi e si sono date molte spiegazioni. Baudi di Vesme, ad esempio, e con lui Gabotto,  sostengono di aver identificato un’ascendenza sassone degli aleramici e, tra gli altri, citano un Anselmo conte di palazzo, un Anselmo figlio di Teodorico duca di Frisia, un altro Anselmo e un Oddone tra i fratelli di Aleramo di Troyes. Noi non abbiamo avuto la loro fortuna. Nelle nostre ricerche abbiamo identificato un Aleramo e un Anselmo, entrambi conti palatini sotto i Merovingi; poi un Aleramo, un Anselmo e un Oddone in epoca carolingia, ma nulla che potesse mettere questi nomi in relazione tra loro.

Per quanto riguarda Oddone, considerando l’estrema variabilità delle dizioni nelle diverse regioni d’Europa – Odo, Otto, Ottone, Odone, Odilone, solo per citare le più note – qualcuno tentò di accostare il nome del figlio di Aleramo a quello di Ottone I, re di Germania e d’Italia nonché imperatore del Sacro Romano Impero, come se Aleramo avesse voluto ingraziarsi così il grande sovrano. Ma le date non combaciano e gli avvenimenti neppure. Oddone era già presente alla donazione compiuta da Aleramo in favore dell’abazia di Grazzano nel 961. Quindi, nato parecchi anni prima di quella data, quando Ottone stava ancora costruendo la sua potenza. In più, tutti i fatti e gli atti sono concordi nell’attestare che Aleramo resta fedele a Berengario II, almeno fino alla deportazione a Banberga e alla morte di lui nel 966.

E’ più interessante, invece, notare che il nome Ottone ha una variante franca in Eudes e un Eudes, re di Francia dal 888 al 898, è figlio di Roberto il Forte, iniziatore della dinastia dei Robertingi, precursori dei Capetingi. Gli stessi Capetingi il cui capostipite, Hugo il Grande, padre di Ugo Capeto, il 14 settembre 937 dona al monastero di saint Martin. il possesso di Lachy, nel Queudois, “qu’il tenai par heritage du comte Aledramnus…”
Su questo rapporto parentale attestato con tanta chiarezza si  è molto discusso. La linea maschile non porta da alcuna parte perché nella genealogia dei Robertingi non esiste traccia di un Aleramo, benché nella genealogia degli Aleramici i nomi ricorrenti nell’onomastica Robertingia siano molto diffusi. La linea femminile appare più promettente e sembra passare per la moglie di Eudes, Theoderada, che molti vedono come figlia dell’Aleramo del Vexin. Ma i documenti che sono pervenuti sino a noi, compresi i diplomi di re Eudes riportati nella Recueil curata da Dom Bouquet, non sciolgono il dubbio. E che dire, poi, della strenua opposizione di quell’Aleramo all’incoronazione di Eudes quale re di Francia e il suo fermo sostegno nei confronti dell’ultimo dei Carolingi, Carlo il Semplice? L’ipotesi Theoderada, per quanto interessante, resta tale.

Comunque, non ci va meglio quando arriviamo alla vita di Oddone. Di lui sappiamo ben poco, oltre alla già ricordata presenza a Grazzano. A giudicare dalle carte, il suo nome viene sempre posposto a quello di Anselmo e ciò sembra indicare che Oddone fosse il minore dei due. A differenza del fratello, poi, non è mai accompagnato dal titolo marchionale, se non in una conferma di beni all’abbazia di Fruttuaria intervenuta dopo la sua morte.
Morte che lo coglie dopo una vita breve. Si sa, infatti, che avesse disposto la costruzione di un nuovo monastero situato tra Acqui e Savona, alla confluenza del torrente Valla nella Bormida di Spigno, “ad locum hubi monte Sancti Quintini dicitur in onore Domini Dei Salvatoris, Sanctique Thome apostoli et beati martiris Christi Quintini“, Ma furono i famigliari a realizzare quel suo progetto, come si deduce dall’atto di fondazione del 991, “pro salute illius anime nostrorumque atque omnium fidelium“. Se ne può dedurre che Oddone fosse morto poco prima.

Lascia due figli maschi, Guglielmo e Riprando, una figlia chiamata Otta e probabilmente un’altra chiamata Gualderada. Fino a pochi anni fa, nulla si poteva dire di certo sul conto della loro madre, ma alcuni lavori recenti, riuniti negli atti del primo e del terzo convegno di Pisa, dedicati dall’Isime ai ceti dominanti nel regno italico tra il IX e il XII secolo e tenuti rispettivamente nel 1983 e nel 1999, gettano un po’ di luce su questa donna sconosciuta e, soprattutto, sull’origine del nome Riprando attribuito al suo figlio minore.

Cercheremo qui di darvi brevemente conto di quei lavori e delle argomentazioni in essi contenute.

Il 13 aprile del 945, ad un placito tenuto da re Lotario in Pavia, si presenta un certo Riprando, figlio di Ilderado di Baselica Duce, nel piacentino. Riprando esibisce un atto di donazione della corte di Vilzacara, rilasciatogli dall’allora marchese Berengario, che probabilmente ha ereditato il bene da suo padre Adalberto.
Chi era Riprando e perché tale munifica donazione? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un salto nel tempo di quasi cent’anni, arrivando al 4 luglio 1034 quando vengono redatte due carte di permuta che hanno come oggetto il passaggio di cospicui possedimenti fondiari tra il monastero di Nonantola nella persona del suo abate Rodolfo, per un totale di 1500 jugeri siti nei distretti a sud sud-ovest del lago Maggiore, e un gruppo parentale di possessori laici, per un totale di 1507 jugeri, finitimi o comunque prossimi al territorio nonantolano.
La prima permuta è sottoscritta dal conte Adalberto, figlio del fu conte Uberto, e da sua moglie Sophia. Essa concerne tra l’altro la corte ubi Wilzachara dicitur, cum eorum porcione de capellas tres inibi edificate in onore Sanctorum Cesarii et Geminiani
La seconda permuta è sottoscritta dal conte Guido e dal chierico di Pavia Riprando, anch’essi figli del fu conte Uberto, nonché dai loro nipoti Guido e Ottone. I luoghi sono più o meno gli stessi, con qualche aggiunta.

Chi sono Adalberto, Uberto, Guido, Riprando e i nipoti? A quale gruppo parentale appartengono e a quali rami famigliari fanno riferimento?
Luigi Provero trova un legame di parentela che unisce Gandolfo, iniziatore della linea dei Gandolfingi, titolare del Comitato di Piacenza, con il suo successore Riprando. “Questi infatti” scrive Provero, “aveva probabilmente sposato la figlia del suo predecessore”.
Piere Racine si occupa essenzialmente di seguire gli sviluppi della dinastia Obertingia, dal nome del fondatore della casata, il marchese Oberto. Da lui veniamo a sapere che due discendenti di Riprando di Baselica Duce, Railenda e Lanfranco, stabiliscono rapporti di parentela con due Obertingi: il marchese Oberto II, che darà vita al ramo Obertino della famiglia, e Berta, figlia del marchese Adalberto I, che darà vita all’altro ramo,  quello degli Adalbertini.

Ma è  ad Alessandro Pallavicino che dobbiamo la rappresentazione più completa della genealogia di Riprando, che egli segue attraverso il percorso dei suoi discendenti per oltre un secolo, districandosi nel mezzo di un incredibile viluppo di rapporti parentali e di assi patrimoniali che partono da Baselica Duce e si irraggiano nel Piemonte nord-orientale, in Lombardia, in Veneto e in Toscana.
Oltre al proprio centro di potere nel territorio aucense e ai possessi acquisiti per via matrimoniale, forse tramite la figlia di Gandolfo I, Riprando vanta possessi nella zona dei laghi lombardi. Sua nipote Railenda, nata intorno al 945 e attestata nel 999, sposa in prime nozze il conte di Stazzona Sigifredo e, in seconde nozze, il marchese Oberto II, cui abbiamo già accennato come figlio di Oberto I, capostipite degli Obertingi. E’ sua sorella, dal nome ancora ignoto, a sposare il nostro Oddone I ed è da lei che il nome di Riprando entra a far parte della casata aleramica. Ma Railenda ha anche un fratello, Lanfranco I, di cui conosciamo una figlia, Immilla o Immigla, che  diventa moglie del conte di Pombia Uberto Rufo (il Rosso) presumibilmente verso la seconda metà degli anni novanta del secolo X.

E, qui, i nostri conti cominciano a tornare sulle linee di divisione delle famiglie aleramiche e riprandinge che si verificheranno nel turbolento periodo dell’ascesa di Arduino a re d’Italia.
Fa notare Merlone, nella sua Prosopografia Aleramica, che Anselmo, Oddone e i loro figli sono usi condurre gli affari di famiglia in maniera unitaria almeno fino al 1004, quando Oberto di Anselmo e Guglielmo di Oddone amministrano la giustizia in Vado. Poi, un’ombra sembra proiettarsi su questo connubio.
L’ombra è senza dubbio quella della sconfitta di Arduino e della ribellione a Enrico II, nella quale molto si distingueranno, dall’una e dall’altra parte, gli eredi aleramici e riprandingi. Tra i “ribelli” spiccano le figure di Guglielmo di Oddone e del conte di Pombia Uberto Rufo, mentre il riprandingio Gandolfo II si indebita fino al collo per sostenere la causa. Tra i fideles, svolgono una parte significativa i cugini di Guglielmo, Oberto e Anselmo.
Per gli aleramici, una differenziazione politica di non poco conto, che avrà ripercussioni anche nell’avvenire. Per i riprandingi, una debacle da cui non si riprenderanno, come sottolinea Alessandro Pallavicino: “Da quanto qui esposto risulta che i discendenti di Riprando I di Baselica Duce, sia del ramo riprandino che di quello gandolfingio, pervennero all’inizio del secolo XI tra cariche ricoperte, possessi detenuti e parentele acquisite, ad una tra le più importanti posizioni di potere nel Regno che nulla aveva da invidiare alla nascente potenza dei Canossa. La scelta di appoggiare Arduino, candidato perdente al trono, la morte di Gandolfo II loro membro più intraprendente e la perdita e rinuncia di molti possessi in conseguenza delle iniziative finanziarie da lui avviate e interrotte colla sua morte, portarono alla progressiva decadenza della famiglia”.

Bibliografia essenziale

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Baudi di Vesme, L’epoca del “regno italico” degl’imperatori Lotario I e Ludovico II, in Miscellanea di studi storici in onore di Antonio Manno, Editrice Subalpina, Torino, 1912

Dionisotti, Le famiglie celebri medioevali dell’Italia Superiore, Torino, Tip. Roux, 1887

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Gabotto, Gli Aleramici fino alla metà del secolo XII, in Rivista di Storia Arte Archeologia per la provincia di Alessandria, 1919, 1 gennaio-31 marzo

Merlone, Prosopografia aleramica (secolo X e prima metà del XI), in  Bollettino Storico Bibliografico Subalpino LXXXI, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino, Palazzo Carignano, 1983

Pallavicino, Le parentele del marchese Almerico II  in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi conti e visconti nel regno italico (secc. IX-XII),  Atti del terzo convegno di Pisa: 18-20 marzo 1999, Roma, Isime, 2003

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Provero, Apparato funzionariale e reti vassallatiche nel Regno Italico in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi conti e visconti nel regno italico (secc. IX-XII),  Atti del terzo convegno di Pisa: 18-20 marzo 1999, Roma, Isime, 2003

Racine, I Pallavicino in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi conti e visconti nel regno italico (secc. IX-XII),  Atti del terzo convegno di Pisa: 18-20 marzo 1999, Roma, Isime, 2003

Salazar, Potere centrale e comunità locali nell’Emilia Orientale nella transizione fra la tarda antichità e l’alto medioevo (500-1000), Tesi di dottorato di ricerca, Università di Bologna, Dipartimento di Medievistica, 2008, pubblicato in  Una terra contesa. Spazi, poteri, società nell’Emilia orientale dei secoli VI-X, Firenze, Le Lettere,  2011

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