Canepanova Guglielmo

(de Campanilibus), di G. Dondi in Dizionario biografico degli italiani, Cfr. www.treccani.it

Nacque probabilmente a San Salvatore, grosso borgo non molto distante da Casale Monferrato, verso la metà del sec. XV. Si indirizzò all’arte della stampa, ma ignoriamo dove e da chi l’avesse appresa; tuttavia, poiché i caratteri da lui usati corrispondono sostanzialmente a quelli del tipografo Simone Magnago, attivo in Milano attorno al 1480, si è inclini a credere che le prime esperienze del C. siano avvenute nelle officine milanesi, e che lì sia maturata la sua decisione di dedicarsi alla stampa.
Del C. si ignorano anche il luogo e la data di morte.

Le scarse notizie che abbiamo sul C. sono desumibili unicamente dalle sole due stampe che egli abbia certamente curato: il Commentum in Heroidas Ovidii del crescentinese Ubertino Clerico e il Modo utile e necessario di confessarsi del francescano Giovanni Antonio da Borgo San Martino, apparse in Casale rispettivamente il 6 sett. 1481 e il 22 marzo dell’anno successivo. Più che la disparità di contenuto delle opere è da sottolineare l’intento campanilistico e celebrativo dell’iniziativa, perché non solo le due edizioni furono con ogni probabilità le prime che videro la luce in Casale, ma casalesi o almeno monferrini di elezione se non di patria furono anche gli autori e il tipografo. La lunga formula del colophon nel Commentum in Heroidas è illuminante al riguardo, ricordandosi in essa la dignità di città concessa a Casale da Guglielmo VIII di Monferrato; né l’impresa sarebbe stata allora possibile senza il contributo dello stesso Ubertino, da poco chiamato alla corte del marchese, e di un altro finanziatore, il sacerdote Stefano de Ulmo, di Sessame, parroco di Bubbio nell’Acquese e canonico della cattedrale. Nel medesimo colophon l’intervento del C. è rappresentato dalla voce “impressit”, la stessa usata per un certo Antonio de Corsiono, il cui nome compare alla fine della sottoscrizione. Qualcosa di analogo dovrebbe essere successo anche per la pubblicazione della seconda opera; ma qui i nomi dei finanziatori o collaboratori sono rimasti sconosciuti, perché occultati dalle sigle “IO PLE. DE CV. AN. COR. MAR. PA.”, di incerta interpretazione. Tuttavia la maggior parte degli studiosi ritiene oggi che anche in questa occasione il C. non abbia potuto fare a meno della collaborazione del Corsiono, che sembra possa individuarsi nell’abbreviazione “AN. COR.”. Ciò testimonierebbe la posizione subordinata di quest’ultimo nell’azienda, nella quale padrone-editore doveva essere il C., che partecipò all’iniziativa mettendo a disposizione dell’improvvisata società la propria competenza, l’attrezzatura tecnica e il personale.
In un primo tempo all’officina casalese furono assegnate altre sette edizioni, prive di note tipografiche, parte delle quali sembrarono sollecitate dal Clerico o dalla sua stessa scuola, tanto rientrano nella corrente degli studi filologici avviati dall’umanista nella corte dei Paleologi. Ma dopo che l’evidenza documentaria e una migliore conoscenza della produzione libraria milanese del sec. XV hanno messo in luce i rapporti che Simone Magnago ha avuto con la pubblicazione di una delle sette opere attribuite al C., i Convivia Mediolanensia di Francesco Filelfo, i maggiori repertori hanno lentamente eliminato le attribuzioni a Casale di tutte le edizioni prive di note tipografiche.

Bibl.: È tuttora fondamentale sul C. lo studio di G. Manzoni, Annali tipografici del secolo decimoquinto, in Riv. enciclop. ital. (Torino), s. 2, V (1856), pp. 358-368, 774-781.In esso l’autore fa giustizia di una fantasiosa interpretazione di G. Vernazza, che, cambiando la disposizione delle sigle finali del Modo utile e necessario di confessarsi, credette di scoprirvi l’anagramma del nome dell’autore del libretto Joanne Antonio Cupa, senza per altro dare la prova dell’appartenenza di fra’ Giovanni Antonio da Borgo San Martino alla famiglia casalese dei Coppa. R. Proctor, An index to the early printed books in the British Museum…, London 1898, pp. 508 s., ritenendo che il C. non fosse lo stampatore dell’officina di Casale, ma il finanziatore dell’impresa, pose sotto il nome di Antonio Corsiono il Commentum in Heroidas Ovidii di Ubertino Clerico, attribuendo in pari tempo alla sua bottega le altre sette edizioni prive di note tipografiche: F. Filelfo, Convivia Mediolanensia (Proctor, 7268; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia, 3881);F. Diedo, Vita S. Rochi (Proctor, 7269; I. G. I., 3425);Id., Vita di S. Rocco (Proctor, 7270; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, 8334);D. Calderini, Commentarii in quaedam pseudo-Vergiliana (Proctor, 7272; I. G. I., 2362); Argumenta LXIII in Priscianum (Proctor, 7273; G. W., 2325);F. Beroaldo, Annotationes in commentarios Servii Vergilianos (Proctor, 7274; I. G. I., 1585);Prisciano, De octo partibus orationis (Proctor, 7275; I. G. I., 8058).Queste conclusioni furono confermate da C. Burger, The printers and publishers of the XV century..., Berlin 1926, p. 369. L’autorità del Proctor indusse F. Cosentini, Gli incunabuli ed i tipografi piemontesi del secolo XV…, Torino 1914, pp. 16-18, a ribadire, con l’aggiunta del Modo utile e necessariodi confessarsi, le assegnazioni delle precedenti opere alla tipografia casalese, imitato in questo da G. Giorcelli, Primo contributo alla storia della stampa in Casale Monferrato, in Riv. di storia, arte, archeol. per la prov. di Alessandria, XXVIII (1919), pp. 135-138, che a sua volta aggiornava un precedente studio di F. Valerani, I primordi della stampa in Casale e i tipografi casalesi, ibid., XXIII (1914), pp. 33-49. Quando però si scoprì che Simone Magnago, editore nel 1480 in Milano dei Synonyma di Stefano Fieschi, aveva caratteri molto simili a quelli del C. e che lo stesso stampatore milanese era stato diffidato dal pubblicare i Convivia del Filelfo (cfr. E. Motta, Di Filippo di Lavagna…, in Arch. stor. lomb., s. 3, X [1898], pp. 51 s.), la cui prima edizione corrisponde a quella priva di note, attribuita dal Proctor all’officina casalese, allora si incominciò a rimeditare sulle assegnazioni di tutte le sette edizioni, che oggi si preferisce ascrivere al Magnago (cfr. Catalogue of books printed in the XVth century now in the British Museum, VI, London 1930, pp. XXVIII, 759-761).L’Indicegenerale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia, I-V, Roma 1943-1972, colloca sotto il nome del C. solo le due opere da lui firmate, mentre attribuisce (n. 1585)all’operaio del C., il Corsiono, e quindi a Casale le Annotationes del Beroaldo.