Clerico Ubertino

(Cherico, Chierico), di L. Onofri in Dizionario biografico degli italiani, Cfr. www.treccani.it

Nacque nella prima metà del sec. XV a Crescentino, piccola città in prov. di Vercelli da cui trasse l’appellativo di “Crescentinate”, con cui è spesso indicato. “Ubertinus Clericus Crescentinas” fu la forma affermatasi, certo per volontà dell’autore, nelle prime edizioni a stampa delle sue opere. Niente si sa della sua nascita e della giovinezza; il Dionisotti afferma che era sposato e che ebbe un figlio di nome Vercellino.
Nel 1466 era maestro già noto in Lombardia poiché fu incaricato di pronunziare l’orazione funebre in occasione della morte di Francesco Sforza avvenuta l’8 marzo. Dal 1469-70 al 1475-76 fu lettore di retorica a Pavia con ottanta fiorini di stipendio, ridotti a settanta nel 1474 (Gabotto, pp. 305 s.). In questo periodo preparò probabilmente la sua opera più famosa, In Epistolas Ciceronis commentum (prima edizione datata: Venezia 1480).

Stampata ventiquattro volte negli ultimi anni del sec. XV, generalmente congiunta ad altri commentari posteriori, quelli del Bedio, del Beroaldo, di Paolo Manuzio, l’opera è legata ai bisogni della scuola di allora. Il C., la cui fama era soprattutto quella di un maestro, si rivolge tanto ai “provecti” nell’arte oratoria che ai “rudes” (epistola a Bonaccorso Pisani, ibid., f. n. n.). Quando si accinse al lavoro non c’erano che chiose a singole lettere e inadeguati quindi erano i commenti precedenti, di Guarino Veronese, di Giovanni Pietro da Lucca, di Ognibene da Lonigo (epistola di Bonaccorso Pisani a Francesco Torriano, ibid., f. a1v). Il C. perciò poteva orgogliosamente vantarsi, nella già citata epistola al Pisoni, di essere colui che “quod nemo aetate nostra ex iis, qui vel doctissimi habiti sunt, facere ausus est… ut totum Ciceronem in epistolis familiaribus patefacerem”. Proposito principale del lavoro del C. era rendere il più chiaro e semplice possibile il testo di Cicerone. Perciò divide i passi delle lettere in due categorie: quelli che si possono spiegare e quelli inspiegabili o per volontà dell’autore o perché legati a circostanze o fatti storici ormai oscuri (epistola a Bonaccorso Pisani, f. a2r). Il commento è generalmente buono, le fonti scelte oculatamente: per la storia confronta le altre opere di Cicerone, il Bellum civile di Appiano, le Vitae di Plutarco, i Commentarii di Cesare. Strabone è la fonte geografica; base del commento grammaticale Prisciano. Nonio Marcello, Servio, Aulo Gellio le fonti più propriamente interpretative. Il metodo seguito, come per la maggior parte degli umanisti, quello divinatorio.

Tra la fine del 1476 e l’inizio del ’77, dopo l’uccisione di Galeazzo Maria Sforza, il C. si trasferì a Casale, attirato dalla corte monferrina e dalla fama di colto mecenate del marchese Guglielmo VIII Paleologo: come spiega nella prefazione all’InNasonis Heroidas commentum era infatti convinto che soltanto il governo di un principe potesse favorire gli studi (epistola a Guidone, conte di Biandrate, f. a1v). A Casale fu assunto come lettore di ars dicendi: la cattedra, esempio unico nel ‘400, escluso lo Studio torinese e il fallito tentativo di Novara nel 1431, fu istituita per lui con stipendio corrisposto in gran parte dal marchese stesso. Protettori più direttamente interessati erano forse i due fratelli del marchese, il cardinale Teodoro e il principe Bonifacio, discepoli di Antonio Astesano, che il C. cita nella lettera che fa da prefazione all’opera.

Il libro fu pubblicato il 6 sett. 1481, con l’aiuto economico di Stefano Olmo, dalla stamperia di Guglielmo da Canepa Nuova, poco prima del commento del Volsco sullo stesso argomento, che fu stampato il 15 dic. 1481. Le due opere furono pubblicate separatamente nei dieci anni successivi, insieme dal 1491, spesso unite ai commenti del Calderini e del Merula. Anche in quest’opera, i cui pregi e difetti sono identici a quella precedente, il C. insiste sul fatto che non si rivolge agli eruditi, ma a coloro “qui erudiri volunt”, con l’obiettivo di spiegare l’oscurità delle parole o del senso. La spiegazione però consiste nel semplificare e chiarire a volte più la forma che il pensiero.
Nella lettera a Bonaccorso Pisani, premessa al commento delle epistole di Cicerone, il C. prometteva che, se la sua fatica fosse stata apprezzata, avrebbe pubblicato altri due commenti, già da lui composti: alle Metamorfosi di Ovidio e al De officiis di Cicerone. Benché anche il Gessner segnali queste opere nella Bibliotheca universalis (Tiguri 1545, p. 337), ricerche successive non ne hanno confermato l’esistenza. Uguale e maggior dubbio è sui commenti a Giovenale e Valerio Massimo, forse neppure composti. Si può dire che il C. fu una figura importante dell’ambiente dell’umanesimo monferrino del tempo, a cui forniva anche stimoli culturali e indirizzi di ricerca. Non è trascurabile il fatto che le sue opere diedero inizio a una corrente di studi filologici determinante anche per le scelte editoriali della tipografia del luogo: a giudizio del Vinay dipende dalle proposte culturali del C. il fatto che contro cinque edizioni di indole umanistica solo due siano di libri religiosi, ed una di amena lettura (p. 156).
Estesa era la sua rete di relazioni: il Filelfo contraccambiò le sue lodi elogiandolo alla fine della Sforziade, Piatino Piatti lodò la sua opera su Cicerone, Epigrammatum etelegiarum libri duo, f. 16r), il parmigiano Bernardino Dardano, memore dei suoi anni di insegnamento a Casale, gli dedicò alcuni epigrammi (Parma, Biblioteca Palatina, cod. 346). Fu in rapporto a Pavia col nobile Antonio Monteolo, del quale aveva avuto come alunno il nipote Giovanni (P. Cara, ff. 88v-89r). A Casale si ricorda tra i suoi conoscenti Corrado Pappalardo (ibid., f. 92r).

Dopo la morte, nel 1483, di Guglielmo, al quale succedette Bonifacio III, il C. risentì del cambiamento del clima culturale. Non è forse casuale infatti che allo stesso anno risalga l’inizio della sua amicizia con Pietro Cara, che in seguito, nel 1491, gli affidò l’educazione del figlio Scipione (ibid., f. 91r). Due anni dopo, nel 1485, fu nominato rettore delle scuole di Chivasso (Chivasso, Archivio comunale, Reformationes, VI, fasc. II, f. 28v), na probabilmente non resse mai tale incarico: al suo posto fu nominato già il 25maggio dello stesso anno Giacomo Stevaldi (ibid., V, f. 85v). Si ignora la data della morte, forse avvenuta poco dopo il suo ritorno a Crescentino, verso il 1500.

Opere: Milano, Bibl. Ambrosiana, ms. T. 20 sup., ff. 104r-109v: Oratio in laudem illustrissimi quondam domini Francisci Sphortiae (estr. in Vinay, pp. 275-77); Firenze, Bibl. nazionale, Nuovi acquisti 227, ff. 172v-175r (epigrammi su Francesco Sforza); Milano, Bibl. Ambrosiana, ms. H. 97 sup., f. 130v (versi del C. a F. Filelfo); In Epistolas Ciceronis comment. (Hain, n. 5187); In Nasonis Heroidas commentum Hubertini Clerici, Casali S. Evaxi (Montisferrati), Guillelmus de Canepa Nova vel potius Antonius de Corsiono, 1481 (Hain, n. 12208); Hubertini Clerici Crescentinatis epitalamion in nuptias illustrissimorum principum domini Ludovici Marchionis Saluciarum et dominae Iohannae filiae illustrissimi et excellentissimi domini [sic] Gulielmi Marchionis Montisferrati…, a cura di C. Cavattoni, in Nozze Antonio Bertoldi ed Anna Zoppi, Verona 1862, pp. 9-16.

Fonti e Bibl.: Parma, Bibl. Palatina, ms. Parm. 346: B. Dardano, ff. 38-39, 80r, 83v-84, 89r; P. Cara, Aureae luculentissimaequecrationes…, Augusta Taurinorum 1520; P. Piatti, Epigrammatum et elegiarum libri duo, Mediolani 1502, f. 16; L. Alberti, Descrittione di tutta l’Italia, Venetiis 1596, p. 445; I. C. Finger, Dissertatio de Hubertino Clerico Crescentinate…, Ienae 1739; C. Dionisotti, Notizie biogr. di Vercellesi illustri, Biella 1862, p. III; G. Clerico, Della vita e degli scritti di U. C. da Crescentino, Torino 1868; F. Gabotto, Lo Stato sabaudo da Amedeo VIII a Emanuele Filiberto, Torino 1895, pp. 305 ss.; D. Bianchi, La lettura dell’arte oratoria nello studio di Pavia nei sec. XV e XVI, in Boll. della Società pavese di storia patria, XIII (1913), pp. 151 s.; G. Ottolenghi, La cultura e la scuola classica in Casalmonferrato. Appunti stor., in Annali del R. liceoginnasio Balbo in Casale Monferrato, 1923-24, pp. 17 s.; G. Vinay, L’umanesimo subalpino nel sec. XV, Torino 1935, pp. 63-66, 133-140; E. Codignola, Pedagogisti ed educateri, Milano 1939, p. 140; M. E. Cosenza, Biogr. … Dict. of the Ital. Humanists, II, Boston 1962, pp. 102-427; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices.